L’articolo: Should we be afraid of AI? Machines seem to be getting smarter and smarter and much better at human jobs, yet true AI is utterly implausible. (Luciano Floridi per Aeon Essays)

L’articolo: Should we be afraid of AI? Machines seem to be getting smarter and smarter and much better at human jobs, yet true AI is utterly implausible. (Luciano Floridi per Aeon Essays)

Sebbene sia passata un po’ di acqua sotto i ponti digitali, l’articolo di oggi rimane un caposaldo nella discussione infinita sull’Intelligenza Artificiale. Non sto parlando di quelle realizzazione in grado di fare un solo compito molto meglio di noi umani. In quel caso, il termine intelligenza non si applica nemmeno a chi traduce maldestramente dall’inglese. L’articolo pone invece l’attenzione sull’Intelligenza Artificiale forte, quella in grado di fare tutto meglio dell’uomo. Un evento che scatena le nostre paure fin dagli scritti di Alan Turing e ripreso successivamente da figure eminenti quali Bill Gates e Stephen Hawking, oltre che da quel simpaticone di Elon Musk.

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Oltre al battage pubblicitario, qual è veramente lo stato dell’arte? Quanto veramente siamo vicini alla Singolarità? Quanto tutto questo è solo molto rumore per nulla?

Un filosofo di qualità, quale Luciano Floridi, prova a chiarire il tema.

Prima di lasciarvi alla lettura (in inglese, lo so, ma ogni tanto un po’ di fatica fa bene), vi riporto alcuni punti che mi hanno particolarmente colpito:

  • La rappresentazione del confronto delle posizioni estreme del dibattito come di due Chiese, quelle dei “Singolaritariani” e quella dei “AIteisti” è brillante. Chiedo scusa per la mia personale traduzione. Se avete versioni migliori, correggo al volo.

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  • È sempre bene ricordare il “Tacchinozilla”: ogni volta che qualcosa registra tassi di crescita esponenziali in un breve periodo già si immagina l’Apocalisse finale anche se nulla sembra garantire che il fenomeno mantenga la terrificante progressione. In breve, nel 1929 il tacchino medio pesava circa sei chilogrammi. Oggi, siamo nell’ordine dei 14 chilogrammi. Se continuasse l’attuale curva di crescita, tra centocinquanta anni avremo tacchini grandi come un uomo, e tra seimila anni… Tacchinozilla!!!!

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  • Un altro punto interessante è l’approccio al test di Turing (ma in generale a qualsiasi verifica a priori). Pensiamo all’esame di guida. Se non lo passiamo, siamo dei pessimi guidatori; ma anche se lo passiamo, potremmo comunque essere dei “pericoli al volante”. Così, quando prendiamo come oro colato qualsiasi notizia riguardante un algoritmo che sembra aver superato il famoso test, dovremmo ricordarci le parole dello stesso Turing nell’introduzione al test scritto nel 1950 (“Credo che la domanda iniziale, “Possono pensare le macchine?”, sia troppo priva di senso per meritare una discussione.”[i]).
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  • Il successo di queste tecnologie si base principalmente sull’assunto che l’enorme quantità di dati a disposizione (banche dati, infrastrutture IoT…) consenta alle macchine di rimpiazzarci senza sviluppare una reale comprensione, né stati mentali, né sentimenti o capacità semantiche e nemmeno una coscienza di sé. Se ci pensiamo, è quanto già avviene per alcuni compiti: far atterrare un aeroplano, trovare la via più veloce, trovare il miglior prezzo.

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  • L’articolo chiude sul punto centrale della filosofia dell’informazione sviluppata da Floridi, ossia sul concetto di Design. Citando Churchill (“Prima siamo noi a dare forma agli edifici, poi sono questi a dare forma a noi.”), il consiglio è di applicare queste nuove possibilità per aumentare la nostra autonomia e la nostra libertà, invece di minare la dignità umana.

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Ma bando alle ciance e buona lettura!

Should we be afraid of AI? Machines seem to be getting smarter and smarter and much better at human jobs, yet true AI is utterly implausible. Why?

[i] A.M. Turing,Computing machinery and intelligence, Mind, 59 (1950) 433-460. Traduzione italiana in: V. Somenzi, R. Cordeschi, La filosofia degli automi. Origini dell’intelligenza artificiale, Paolo Boringhieri, Torino, 1986, pp. 157-183

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