Recensione in un tweet: 21 lezioni per il XXI secolo (Yuval Noah Harari)

Recensione in un tweet: 21 lezioni per il XXI secolo (Yuval Noah Harari)

Descrizione:

In un mondo alluvionato da informazioni irrilevanti, la lucidità è potere. La censura non opera bloccando il flusso di informazioni, ma inondando le persone di disinformazione e distrazioni. “21 lezioni per il XXI secolo” si fa largo in queste acque torbide e affronta alcune delle questioni più urgenti dell’agenda globale contemporanea. Perché la democrazia liberale è in crisi? Dio è tornato? Sta per scoppiare una nuova guerra mondiale? Che cosa significa l’ascesa di Donald Trump? Che cosa si può fare per contrastare l’epidemia di notizie false? Quali civiltà domineranno il pianeta: l’Occidente, la Cina, l’islam? L’Europa deve tenere le porte aperte ai migranti? Il nazionalismo può risolvere i problemi causati dalla disuguaglianza e dai cambiamenti climatici? In che modo potremo difenderci dal terrorismo? Che cosa dobbiamo insegnare ai nostri figli? Miliardi di noi possono a stento permettersi il lusso di approfondire queste domande, perché siamo pressati da ben altre urgenze: lavorare, prenderci cura dei figli o dare assistenza ai genitori anziani. Purtroppo la storia non fa sconti. Se il futuro dell’umanità viene deciso in vostra assenza, poiché siete troppo occupati a dar da mangiare e a vestire i vostri figli, voi e loro ne subirete comunque le conseguenze. Certo è parecchio ingiusto; ma chi ha mai detto che la storia è giusta? Un libro non può dare alla gente né cibo né vestiti, ma può fare e offrire un po’ di chiarezza, contribuendo ad appianare le differenze nel gioco globale. Se questo libro servirà ad aggiungere al dibattito sul futuro della nostra specie anche solo un ristretto gruppo di persone, allora avrà raggiunto il suo scopo.

Le citazioni:

Nel 2018 la gente comune ha l’impressione di essere sempre più irrilevante. Una gran quantità di parole misteriose punteggiano in modo inarrestabile le conferenze TED, i gruppi di esperti governativi e i convegni sulle nuove tecnologie – globalizzazione, blockchain, ingegneria genetica, intelligenza artificiale, apprendimento automatico – ed è comprensibile che la gente sospetti che nessuna di queste parole la riguardi. La narrazione liberale era quella della gente comune. Come può continuare a essere rilevante in un mondo di cyborg e di algoritmi collegati in rete?

Se un governo è corrotto e fallisce nel migliorare le vite dei cittadini, una quantità sufficiente di cittadini alla fine se ne renderà conto e lo farà cadere. Ma il controllo governativo dei media mette in crisi la logica di Lincoln, poiché impedisce ai cittadini di comprendere la verità. Grazie al suo monopolio sui media, l’oligarchia al potere può costantemente rimproverare gli altri di tutti i suoi fallimenti e deviare l’attenzione verso minacce esterne, reali o immaginarie che siano.

Per fare il loro ingresso nel mercato dell’arte e prendere il posto di molti compositori e interpreti umani, gli algoritmi non dovranno porsi l’obiettivo di superare Čajkovskij. Sarebbe sufficiente superare le prestazioni di Britney Spears.

Nei tornei di scacchi riservati agli umani, i giudici sono sempre a caccia di giocatori che cercano di barare, aiutandosi di nascosto con qualche software. Uno dei modi per individuare chi sta tentando di fare il furbo è controllare il livello di originalità delle mosse. Se i giocatori fanno una mossa eccezionalmente creativa, i giudici spesso sospettano che non possa essere una mossa umana – deve essere la mossa di un computer. Almeno negli scacchi, la creatività è già ora il segno distintivo del modo di operare dei computer piuttosto che di quello degli umani! Pertanto, se gli scacchi sono il nostro canarino nella miniera di carbone, dobbiamo avere l’onestà intellettuale di ammettere che il canarino sta morendo.

È oggetto di dibattito se sia meglio fornire un reddito minimo universale (il paradiso capitalista) o servizi minimi universali (il paradiso comunista).

Già oggi la “verità” è definita dal primo risultato di ricerca di Google.

Se l’autorità passa dagli esseri umani agli algoritmi, non possiamo più vedere il mondo come un luogo dove individui autonomi lottano per fare le scelte giuste.

Il vero problema con i robot non è la loro intelligenza artificiale, piuttosto la naturale stupidità e crudeltà dei loro programmatori.

In un incidente tragicomico nell’ottobre 2017 un operaio palestinese mise sulla sua pagina Facebook una foto di se stesso al lavoro accanto a un bulldozer. Di fianco all’immagine scrisse “Buongiorno!” Un algoritmo automatico fece un piccolo errore traslitterando le lettere arabe: invece di Yasabechhum! (che significa “buongiorno!”), l’algoritmo ha identificato le lettere come Ydbachhum! (che significa “uccidili!”). Sospettando che l’uomo avesse intenzione di usare il bulldozer per investire la gente, le forze di sicurezza israeliane lo arrestarono immediatamente. Fu rilasciato dopo aver scoperto l’errore dell’algoritmo. Ma la “pericolosa” foto su Facebook venne comunque cancellata. Non si è mai troppo prudenti.

Per evitare questo scenario, per ogni dollaro e ogni minuto che investiamo per migliorare l’IA, sarebbe saggio investire un dollaro e un minuto per migliorare la coscienza umana. I due processi insieme – la bioprogettazione abbinata alla crescita dell’IA – potrebbero quindi avere come conseguenza la divisione dell’umanità in una ristretta classe di superuomini e in una sconfinata sottoclasse di inutili Homo sapiens.

Nella grande battaglia tra salute e privacy, è molto probabile che la salute vincerà a mani basse.

Chi ha paura di perdere la sua verità è più facilmente portato alla violenza rispetto a chi guarda il mondo da una pluralità di prospettive. Le domande alle quali non si può rispondere sono di solito di gran lunga più interessanti delle risposte alle domande che non si possono porre.

Non soltanto la razionalità, ma anche l’individualità è un mito. Gli uomini raramente pensano con la propria testa. Piuttosto pensiamo in gruppi. Proprio come occorre una tribù per allevare un bambino, così occorre una tribù per inventare uno strumento, per risolvere un conflitto o curare una malattia. Nessun individuo possiede tutte le conoscenze necessarie per edificare una cattedrale, una bomba atomica o un aeroplano. Quello che ha dato a Homo sapiens un vantaggio su tutti gli altri animali e ci ha trasformati nei padroni del pianeta non è stata la nostra razionalità individuale, ma la nostra incomparabile capacità di pensare collettivamente in gruppi estesi.

La maggior parte delle ingiustizie contemporanee deriva da pregiudizi strutturali su larga scala piuttosto che da pregiudizi individuali, e i nostri cervelli da cacciatori-raccoglitori non si sono evoluti per rilevare i pregiudizi strutturali.

La verità è che la verità non è mai stata prioritaria nel programma di Homo sapiens.

In effetti, il genio di Huxley consiste nel mostrare che si potrebbe controllare la gente in modo assai più sicuro grazie all’amore e al piacere invece che con la paura e la violenza. In un mondo del genere l’ultima cosa che può fare un insegnante è dare ai suoi allievi ulteriori informazioni. Ne hanno già troppe. La gente invece ha bisogno di strumenti critici per interpretare le informazioni, per distinguere ciò che è importante da ciò che è irrilevante, e soprattutto per poter inquadrare tutte le informazioni in un più ampio scenario mondiale.

La valutazione in un tweet:

Inutilmente prolisso, lascia affogare i concetti interessanti. - Recensione #libro 21 lezioni per il XXI secolo (Yuval Noah Harari) Condividi il Tweet

I dati del libro:

Titolo: 21 lezioni per il XXI secolo
Autore: Yuval Noah Harari
Editore: Bompiani
Numero di pagine: 524
Anno di pubblicazione: 2018
Traduttore: Marco Piani
Genere: saggio

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