The Imitation Game: altre bufale a spasso per il mondo

The Imitation Game: altre bufale a spasso per il mondo

Un collega (a mio parere molto serio) tempo fa se ne uscì con una frase di questo tipo:

Avete visto il film su Turing? Che vita, povero cristo! E quel detective? Poteva almeno lasciarlo in pace, no? Già aveva dovuto smontare Enigma da solo, se poi aggiungete i ricatti della spia russa, certo che si è suicidato!

Liberamente tratto dal libro Alan Turing. Una biografia (Andrew Hodges, 1983, trad. D. Mezzacapa, Bollati Boringhieri, 2006, pag. 762), The Imitation Game è molto bello. Interpretato in modo superbo da un cast importante in cui spicca Benedict Cumberbatch, è stato costruito con tutti gli elementi necessari per puntare ai premi più prestigiosi. Tante candidature che hanno fruttato un (solo) Oscar, quello per la miglior sceneggiatura non originale.

All’uscita del film, si discusse molto in merito agli eventi e alle persone ritratte.

Perché il film su Alan Turing è un’occasione persa

Avendo studiato a fondo la vita di Turing per la scrittura del racconto La stella del Walton, non potevo che condividere le critiche avanzate da storici e accademici.

Un’altra parte di me, però, quella appassionata di cinema, ribatteva con le stesse parole dello sceneggiatore Graham Moore:

“Quando si usa il fact checking per parlare di un film, secondo me non si è capito come funziona l’arte.”

Alla fine, la pignoleria dell’ingegnere ebbe la peggio.

E allora, se io per primo ammettevo che pur di avere della buona arte si poteva chiudere un occhio sulla piena adesione ai fatti, perché le parole del collega mi avevano lasciato di sasso?

Perché quanto narrato nel film per lui era assurto a dato storico e incontrovertibile.

Incuriosito, gettai uno sguardo alla pagina di Wikipedia Italia: nessun accenno alle numerose pecche storiche del film. A salvare (almeno in parte) l’autorevolezza della spesso discussa enciclopedia online, scoprii che almeno la pagina in lingua inglese era dettagliata e consentiva di farsi un’opinione un po’ meno raffazzonata della vita di Alan Turing.

Intanto che c’ero, sistemai la pagina italiana elencando le inesattezze storiche e le forzature introdotte dallo sceneggiatore. Le riporto di seguito (per le fonti, fate riferimento alla pagina di Wikipedia).

Allarme spoiler: se ancora non avete visto il film, vi consiglio di interrompere qui la lettura.

Eventi storici alterati o inventati

  • Bletchley Park non era camuffato da fabbrica di radio per nasconderne la finalità.
  • Nel film la macchina viene chiamata “Christopher” come l’amico d’infanzia di Turing. In realtà si chiamava “Victory”, o più familiarmente “bomba”, poiché ispirata alla bomba kryptologiczna progettata nel 1938 dal crittoanalista polacco Marian Rejewski. Il dispositivo sfruttava una debolezza nelle procedure operative tedesche, in seguito corrette dai nazisti (per la precisione, nel 1940).
  • Nel film la costruzione della macchina appare come un lavoro portato avanti dal solo Turing, con gli altri scienziati che lo ostacolano o lo ignorano. In realtà il dispositivo fu il risultato di un lavoro di gruppo. Turing ideò una nuova strategia per la macchina grazie al contributo del matematico Gordon Welchman (il cui apporto viene invece attribuito nel film a Hugh Alexander). Nel 1940, oltre duecento “bombe” vennero costruite sotto la supervisione di Harold Keen, della British Tabulating Machine Company.
  • Nel film si ha l’impressione che a Bletchley Park ci sia un manipolo di crittografi inerme, incapace di ottenere alcun risultato fino a quando una scoperta improvvisa consente loro di sconfiggere Enigma. Nella realtà, fin dal 1939 migliaia di persone lavorarono al progetto in un percorso costellato di vittorie e sconfitte mentre i tedeschi continuavano a cambiare il modo di usare Enigma. Inoltre, nel film prima viene costruita la “bomba” e poi si scopre il modo di renderla utile. Ciò avviene attraverso l’applicazione di un metodo conosciuto dai crittografi come crib, ovvero un tipo di attacco in cui l’hacker conosce in parte il testo crittografato. In realtà accadde proprio il contrario: la “bomba” venne progettata per usare la tecnica dei crib come principale mezzo d’attacco.
  • La scena in cui il team di Turing (denominato Hut 8) decide di non fermare l’attacco nazista a un convoglio su cui viaggia il fratello di uno del team (Peter Hilton) è inventata di sana pianta. Hilton non aveva un fratello in viaggio e le decisioni su come utilizzare le scoperte della “bomba” venivano prese a un livello molto più alto.
  • Turing non scrisse alcuna lettera a Churchill per chiedere di assumere la guida del progetto. Lui e i colleghi, tra cui anche Hugh Alexander, chiesero invece al primo ministro un aumento delle risorse di supporto, richiesta che venne immediatamente esaudita.
  • L’arruolamento di Joan Clarke non avvenne tramite un cruciverba pubblicato su un giornale. In realtà, la donna venne reclutata dal suo mentore scolastico, Gordon Welchman, uno dei primi matematici giunti a Bletchley Park.

La vita di Turing e la sua personalità

  • Rappresentare Turing come una persona con grossi problemi nei rapporti umani, affetta dalla sindrome di Asperger o da autismo è fuorviante. È vero che alcuni scrittori e ricercatori hanno tentato questa diagnosi a posteriori. Nella realtà però, per quanto Turing avesse le sue eccentricità e amasse lavorare da solo, esistono innumerevoli testimonianze della sua socievolezza, del fatto che avesse numerosi amici, che fosse una persona spiritosa e che avesse un ottimo rapporto lavorativo con i colleghi.
  • Sono pura finzione le scene riguardanti Christopher Morcom, l’amico d’infanzia di Turing, e in particolare il modo in cui il matematico venne a conoscenza della sua malattia e successiva morte.
  • Nel film, Turing viene indagato e arrestato nel 1951 quale possibile spia sovietica. Durante gli interrogatori, un detective scopre la sua omosessualità causandone la condanna alla castrazione chimica. Nella realtà, il matematico non venne mai indagato, né tantomeno arrestato, per spionaggio. Il suo arresto avvenne nel 1952. L’uomo, dopo un furto nella propria casa, si recò spontaneamente alla polizia per segnalare il furto e indicare il probabile ladro, il suo amante. Nel suo candore, o nella falsa certezza che non avrebbe corso rischi data la discreta notorietà ottenuta con i lavori sull’intelligenza artificiale, Turing non si curò minimamente di nascondere ai poliziotti la propria omosessualità.
  • È un’ulteriore forzatura suggerire che la castrazione chimica abbia reso Turing inabile al lavoro e incapace di pensare in modo lucido. Nonostante la debilitazione fisica e i forti cambiamenti nel suo corpo, tra cui lo sviluppo del seno, lo scienziato si gettò a capofitto in nuove aree di ricerca, occupandosi di biologia e chimica e ottenendo prestigiosi risultati.
  • Nel film Turing viene ricattato da John Cairncross, una spia al servizio dei russi, e costretto a collaborare alla divulgazione di dati riservati. In realtà, i due lavoravano in aree distinte di Bletchley Park e non ci sono prove che si siano mai incontrati né tantomeno che Turing abbia forzatamente collaborato con lui. Secondo la storica e scrittrice britannica Alex Von Tunzelmann, questa sarebbe pura diffamazione e non una licenza artistica.
  • Il film afferma che Turing si è suicidato dopo un anno di trattamento ormonale. Nella realtà, il decesso sopraggiunse quando ormai la terapia era terminata da ben quattordici mesi, e non tutte le voci concordano sul suicidio. Infatti, anche se l’ipotesi predominante resta l’ingestione volontaria di una mela avvelenata (causa riportata nell’indagine ufficiale e sostenuta anche dal biografo Andrew Hodges, secondo cui la mela era stata scelta di proposito dallo scienziato per via della sua predilezione per Biancaneve e i sette nani), la madre parla invece di una casualità. Nella sua biografia del figlio, uscita poco dopo la morte di Alan, la donna la attribuì a un incidente fatale nel corso di un esperimento. La tesi è stata ripresa anche da Jack Copeland, direttore del Turing Archive for the History of Computing. Quest’ultimo suggerisce che l’indagine, condotta in modo sciatto dalla polizia, non abbia saputo collegare i fumi di cianuro agli esperimenti chimici cui lo scienziato si dedicava nella sua stanza. Secondo altri, infine, Turing sarebbe stato indotto al suicidio dai servizi segreti britannici.

Certo che, visto quanto è stata densa la vita di Alan Turing, non avrebbe dovuto essere tanto difficile mettere insieme abbastanza materiale da tenere lo spettatore inchiodato alla poltrona, no?

A tale proposito, vi consiglio l’ascolto di un’avvincente puntata di HistoryCast, un podcast a cura della storica Enrica Salvatori. Vi lascio con le prime battute, tratte dal dibattito radiofonico trasmesso il 14 gennaio 1952 dalla BBC, in cui Turing ci regala un assaggio del celeberrimo humour britannico:

«Può una macchina pensare?».
«Tutto dipende da cosa si debba includere nel concetto di pensiero».
«Ma le domande devono essere tutte delle somme, oppure potrei anche chiedere alla macchina cosa ha mangiato a colazione?».
«Ma certo, qualunque cosa» – rispose Alan – «e non solo questo. Le domande non devono necessariamente essere delle vere domande […]. Una frase come: “io le contesto che lei sta fingendo di essere un uomo” sarebbe perfettamente appropriata».

Alan Mathison Turing

Quanto accaduto con il collega, però, mi aveva fatto riflettere. Come prima o poi facciamo tutti, anche lui aveva ceduto a quel sottile meccanismo che porta a considerare come fonti attendibili opere che sappiamo essere (in tutto o in parte) frutto della creatività degli autori: romanzi, canzoni, pubblicità, slogan politici…

Prima di commentare che non siamo bambini e che nessuno di noi prende per oro colato quanto scritto in un libro o mostrato in uno spot pubblicitario, provate a pensare al Triangolo delle Bermuda (che deve la sua nomea al romanzo Bermuda, il triangolo maledetto di Charles Berlitz), a chi ha preso per veri i complotti ideati da Dan Brown, oppure a chi è corso a comprare gli occhiali a raggi X o le scimmie di mare (autentiche icone degli anni ’70 e ’80).

Diventa quindi importante, in questa epoca di eccessiva informazione che riduce il tempo per gli approfondimenti, essere almeno in parte come gli storici (seri) e, prendendo di nuovo in prestito le parole di HistoryCast, imparare quegli “strumenti che consentono di poter decidere autonomamente e in piena consapevolezza se quanto ci viene raccontato è certo, valido, veritiero, obiettivo e semplice come alcuni vorrebbero farci credere”.

Anche a costo di crearci nuovi dubbi che ci costringeranno a investire tempo in ulteriori indagini.

P.S. Potrei parlare anche del pluripremiato A beautiful mind e della figura di John Nash, dicendovi che non ha fatto alcun discorso alla consegna del premio Nobel, che non aveva compagni immaginari e che la famosa scena al bar con la bionda non è del tutto corretta dal punto di vista scientifico, ma preferisco limitarmi a lasciare questo link per chi volesse approfondire.

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