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SINOSSI: Due anziane e un insolito cigolio. Il futuro è arrivato.

(copertina a cura di Lorenzo Lunghi)

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Il futuro è arrivato

 

Brigida Crotti venne svegliata dal rumore della gomma sull’asfalto. Si girò, e le lenti inquadrarono un volto sorridente.

«Buongiorno, signora. Come va? Passato il mal di gola?», si informò con voce tonante la signora Vailati.

«Molto meglio, cara, è un tesoro a chiederlo. Che ci vuol fare? Un giorno la gola, un altro l’anca, il mese scorso la spalla… ma finché non è la testa, ringrazio Dio. È tanto che aspetta?».

«No, no, non si preoccupi. Ho incrociato la figlia di un’amica, che mi ha aggiornata sulle ultime, e pure sulle penultime».

Tra una chiacchiera e l’altra si avviarono cigolando verso il centro. Potevano conversare mentre filavano parallele alla conquista del bottino quotidiano: prodotti freschi a prezzi equi, e pettegolezzi appena sfornati. Uno scricchiolio, che ad altre orecchie sarebbe suonato sinistro, non bastò a distrarle dallo scambio di informazioni in corso. Le due coppie di lenti scansionavano passanti e vetrine prendendo nota di colori troppo accesi, gonne sopra il ginocchio, jeans strappati e magliette trasparenti o scollate. Niente sfuggiva alla signora Elvira Vailati e al suo inventario liberticida. Le persone che incrociavano si facevano da parte, intimorite dai riflessi del sole primaverile sulle giunture cromate, da quell’andatura marziale e dal fruscio della gomma sui sampietrini. Se qualcuno non si scostava con la dovuta solerzia, veniva esortato a cedere il passo dalla comandante in capo. A parte qualche turista ignaro, portato lì da un errore del GPS, tutti conoscevano i gomitoli argentati.

«Prima Oreste e poi mercato?», propose la signora Crotti. «Se ha tutti gli ingredienti, più tardi avrei in mente di preparare i tortelli per i miei nipoti. Sapesse quanto ne sono ghiotti…».

Con un sobrio cenno d’assenso, la generalessa sterzò decisa verso il negozietto all’angolo della piazza.

Vedendo profilarsi all’orizzonte le ragnatele d’acciaio, il proprietario chiuse un attimo gli occhi, prese fiato e, con la scusa di dover spazzare, uscì a controllare la solidità della rampa d’ingresso.

«Buongiorno, Oreste. Fai bene a tenere pulito. Con tutti questi animali, e non parlo solo dei quadrupedi, è un continuo lavare e rilavare», lo apostrofò la signora Vailati. «Ormai siamo rimasti in pochi a prenderci cura della nostra bella città».

«Benvenuta, signora Elvira, è sempre un piacere vederla. Maestra, prego. Le ho tenuto da parte tutto l’occorrente».

«Grazie, Oreste», replicò la sua ex insegnante. Ah, quante ore trascorse a cercare di inculcargli un po’ di buonsenso…

Ruota dopo ruota, la coppia metallica varcò la soglia in rigorosa fila indiana per poi, appena dentro, separare le forze tra il bancone e gli scaffali.

«Ehi, Oreste, mica vendi oro! Questa roba al supermercato mi costa molto meno!».

Trattenendo a fatica una risposta tagliente, il negoziante si concentrò sulla merce. Recupera, pesa, confeziona, recupera, pesa, confeziona, il tutto in dosi minuscole come da richiesta. Davanti alla vetrina si formò un capannello di curiosi, stuzzicati dagli insaccati e dai formaggi disposti in bella vista ma anche – e forse di più – da tutto quel metallo che luccicava. Oreste gongolò tra sé: ammodernare la bottega gli era costato parecchio, ma stava iniziando a dare i suoi frutti, sia con gli indigeni (fidelizzati a suon di pazienza) sia con i turisti enogastronomici. Del resto, l’unica alternativa sarebbe stata chiudere, e chi la voleva l’ennesima boutique di intimo?

«Come stanno i tuoi piccoli? Hanno già pensato a cosa fare dopo la maturità?», si informò la signora Crotti. I “piccoli” di Oreste erano due bei gemelli diciannovenni, maschio e femmina.

«Non mi ci faccia pensare. Ho chiesto a quanto ammontano le spese universitarie e mi è venuta un’emicrania che non le dico! Mah, per adesso vediamo come va la fiera primaverile, poi tirerò le somme».

«Falli studiare, Oreste, che lo diceva anche don Milani: “Un operaio conosce cento parole, il padrone mille. Per questo è lui il padrone”».

«Vedremo, vedremo. Metto tutto nel contenitore? Però badi bene, è roba che deve stare al fresco».

«Non preoccuparti. Il contenitore è isolato, e in più dentro, se vedi, ho messo una mattonella di ghiaccio. L’importante è che lo chiudi bene».

Il negoziante depositò la spesa nel vano anteriore e lo richiuse con grande cautela. Un ronzio gli confermò che la missione era andata a buon fine.

In quel mentre, la signora Vailati ricomparve dall’improduttivo censimento. «Allora, a che punto siamo? Forza, Oreste, non vogliamo fare notte!».

«Finito. Mi raccomando, se c’è qualcosa che non va, mi avvisi che le porto quello che serve».

«Non preoccuparti, caro, se occorre ripasso io. Non ho potuto sentire gli odori ma mi sembra tutto a posto. Abbraccia tua moglie e i bambini da parte mia».

L’uomo guardò le due vecchiette salutarlo dalle rispettive abitazioni, appena prima che le strutture d’acciaio ruotassero per riportare in strada il carico di monitor, telecamere, microfoni, sensori e vettovaglie.

Respirò. Per la prima volta, i robot delle vegliarde non avevano fatto crollare né una scatola né un vasetto.

Il futuro era arrivato, e si stava allontanando con l’ormai abituale cigolio.

GNIC… GNIC… GNIC…

 

(tutti i diritti riservati)

 

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