Tre libri in barca: La morte della Pizia (Friedrich Dürrenmatt) – Prima Persona (Richard Flanagan) – Il re, il cuoco e il buffone (Daniel Kehlmann)

Tre libri in barca: La morte della Pizia (Friedrich Dürrenmatt) – Prima Persona (Richard Flanagan) – Il re, il cuoco e il buffone (Daniel Kehlmann)

Tre storie molto diverse, narrate con voci non banali e omologate.
Buona lettura!


La morte della Pizia (Friedrich Dürrenmatt), tradotto da Renata Colorni per Adelphi, 1988, 68 pagine

«Stizzita per la scemenza dei suoi stessi oracoli e per l’ingenua credulità dei Greci, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, lunga e secca come quasi tutte le Pizie che l’avevano preceduta, ascoltò le domande del giovane Edipo, un altro che voleva sapere se i suoi genitori erano davvero i suoi genitori, come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano a intendere ai loro consorti, i quali peraltro finivano per crederci, come qualmente Zeus in persona si fosse giaciuto con loro». Con queste parole spigolose e beffarde ha inizio La morte della Pizia e subito il racconto investe alcuni dei più augusti miti greci, senza risparmiarsi irriverenze e furia grottesca. Ma Dürrenmatt è troppo buono scrittore per appagarsi di una irrisione del mito. Procedendo nella narrazione, vedremo le storie di Delfi addensarsi in un «nodo immane di accadimenti inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio». L’insolenza di Dürrenmatt non mira a cancellare, ma a esaltare la presenza del vero sovrano di Delfi: l’enigma.

La citazione:

Perché mai, Pannychis, la gente dice sempre verità approssimative, come se la verità non risiedesse soprattutto nei singoli dettagli? Forse perché gli uomini stessi sono soltanto qualcosa di approssimativo. Maledetta imprecisione.

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Ottima scrittura che affetta il mito per allestire un succulento banchetto - Recensione #libro La morte della Pizia (Friedrich Dürrenmatt) Condividi il Tweet

Prima Persona (Richard Flanagan), tradotto da Alessandro Mari per Giunti, 2017, 432 pagine

Ispirato a un episodio della vita di Flanagan, un romanzo comico e raggelante che parla con lucidità del confine sempre più labile tra vero e falso nel nostro mondo. Siegfried Heidl è il più celebre truffatore d’Australia. Alla vigilia del processo che segnerà il suo destino una grande casa editrice decide di pubblicare la sua autobiografia, commissionandola a un ghostwriter. L’incarico viene affidato a Kiff Kehlman, giovane aspirante scrittore con famiglia a carico e ambizioni al momento frustrate dalla realtà. Kiff, che accetta a malincuore, spinto dalla necessità, ha sei settimane di tempo per comporre il ritratto di un uomo che forse non è mai esistito, che è per sua stessa natura un’illusione, un falso, un inganno. Dopo una settimana di domande imprecise e risposte evasive, Kiff decide che l’unico modo per raccontare Ziggy Heidl è riscriverlo, fino a smarrire il confine tra ciò che è reale e ciò che non lo è.

La citazione:

Aveva la capacità di sfruttare il bisogno tutto umano di credere in qualcosa – e probabilmente era stata la sua volontà di mappare quel bisogno ad averlo condotto a esperimenti bizzarri, che avrebbero dovuto rivelargli fino a che punto può reggere la fiducia, e cosa può spezzarla, arrivando così a scoprire la verità grande: non si spezza mai. Viceversa qualunque follia capace di mettere alla prova il bisogno di credere – come hanno scoperto i jihadisti – non fa che rafforzare quel bisogno anche se conduce alla morte, o ancora meglio al suicidio.

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Danza ipnotica tra il vero e il falso (qualcuno direbbe tra fatto e storytellling) - Recensione #libro Prima Persona (Richard Flanagan) Condividi il Tweet

Il re, il cuoco e il buffone (Daniel Kehlmann), tradotto da Monica Pesetti per Feltrinelli, 2019, 320 pagine.

L’Europa si è lasciata andare al sonno della ragione. Imperversano ovunque caos e dissoluzione. L’invenzione della stampa ha sconvolto le menti e il continente. Il veleno della propaganda alimenta il fanatismo religioso. Nato in un piccolo villaggio nella Germania del Seicento, il piccolo Tyll scappa, con la fedele amica Nele, dopo che suo padre, appassionato di astri ed erbe, viene mandato al rogo con l’accusa di stregoneria. Malgrado la Guerra dei trent’anni, la fame e il cattivo tempo, prima come saltimbanco che balla in bilico sulla fune e incanta e irride gli astanti, poi come buffone alla corte del tragicomico Re d’inverno, Tyll non muore, anzi. Tra boschi stregati, pentacoli e quadrati magici, incontra molte celebrità della sua epoca, come il gesuita egittologo Athanasius Kircher, alla ricerca di un drago con il cui sangue vuole creare una medicina contro la peste, o il re di Svezia Gustavo Adolfo Vasa, circondato dai suoi rudi soldati sul campo di battaglia. Tyll sopravvive alla storia e ai potenti, e diventa testimone eccellente di un passato europeo denso di parallelismi con i nostri tempi, mostrandoci con la comicità disperata della rassegnazione l’immenso orrore e la grande bellezza di cui siamo capaci.

La citazione:

Nella vita reale non esistevano i monologhi. Ognuno teneva per sé i propri pensieri, non si potevano leggere le espressioni del viso, ci si trascinava dietro il peso morto dei segreti. Nessuno si chiudeva da solo in camera e parlava a voce alta di quello che voleva e temeva, perciò quando Burbage lo faceva sul palco, con quel suo timbro stridulo, le dita magrissime all’altezza degli occhi, sembrava innaturale, perché tutti nascondevano di continuo ciò che provavano.

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Datemi un buffone e vi descriverò il mondo. Altamente consigliato - Recensione #libro Il re, il cuoco e il buffone (Daniel Kehlmann) Condividi il Tweet

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