Recensione in un tweet: Io odio Internet (Jarett Kobek)

Recensione in un tweet: Io odio Internet (Jarett Kobek)

Descrizione:

«Internet era un’invenzione meravigliosa. Era una rete informatica che gli esseri umani usavano per ricordare ai loro simili che erano degli schifosi pezzi di merda».
Adeline è una quarantacinquenne semifamosa per aver pubblicato un fumetto di successo negli anni Novanta. Vive a San Francisco. Invitata a parlare in un’università, finisce sotto attacco sui social network per aver «commesso l’unico peccato imperdonabile del ventunesimo secolo», ossia non rendersi conto che qualcuno la riprendeva mentre esprimeva quello che pensava. Bisogna tenere conto che Adeline 1) è una donna in una cultura che odia le donne, 2) è semifamosa e 3) ha espresso un’opinione poco popolare. E vive nell’era Internet. Adeline diventa così un trend su Twitter, e quindi se ne occupa la stampa, incapace di svolgere un lavoro più serio. Adeline diventa il bersaglio degli hater. E dagli insulti sessisti e razzisti, gli unici a guadagnarci sono Google, Facebook e Twitter, che vivono della pubblicità e dei contenuti creati dagli utenti, delle loro opinioni inutili, spesso ipocrite e compiaciute, sfruttate appieno per le inserzioni pubblicitarie che fruttano patrimoni enormi a degli «antisociali privi di eumelanina nello strato basale dell’epidermide» (ossia bianchi) come Mark Zuckerberg, Steve Jobs e pochi altri, signori feudali per i quali «le parole sono il grasso che olia gli ingranaggi del capitalismo»…
Io odio Internet è un romanzo esilarante concepito da una mente geniale, un bestseller controcorrente che fa a pezzi tutti i grandi paradossi dell’era Internet.
«Un’invettiva politica e culturale, un grido prolungato sul potere e sulla moralità nell’era globale. Uno sguardo dentro una mente vivace, in ebollizione. Questo libro ha un’anima, ma ha anche le palle… Il mio consiglio? Sconnettetevi da Twitter per un giorno. E leggete questo». «The New York Times»
«Un’anatomia eccitante, spassosa e crudele della cultura tecnologica e, in generale, del mondo moderno. Ricorda molto Kurt Vonnegut». «The Guardian»
«Questo libro succinto, sorprendente, infinitamente consapevole è l’Infinite Jest dell’era di Twitter. Oh, ma è anche il Kurt Vonnegut, lo Swift e il Voltaire dell’era di Twitter. Uno spasso». «The Times»
«Potrebbe esistere un Houellebecq americano? Jarett Kobek ci si avvicina, nel fervore dei suoi attacchi alle vacche sacre di questa nostra era segretamente vittoriana. Un libro che ho divorato». Jonathan Lethem

Le citazioni:

Internet era un’invenzione meravigliosa. Era una rete informatica che gli esseri umani usavano per ricordare ai loro simili che erano degli schifosi pezzi di merda.

I miliardari non facevano altro che dare consigli a quelli che non erano miliardari su come diventare miliardari. Si trattava quasi sempre di cazzate insopportabili.

Jack Kirby è il protagonista di questo romanzo perché è stato l’individuo che l’industria americana del fumetto ha inculato più di chiunque altro e l’industria americana del fumetto è l’esempio perfetto della corruzione e della venalità proprie del capitalismo non regolamentato.

Queste lacune significavano che gli scrittori americani erano incapaci di scrivere di Internet, che non era altro che una forma di feudalesimo intellettuale prodotto da un’innovazione tecnologica travestita da cultura.

Anche Adeline era di mezz’età, ma era sempre sorpresa dalla mezzetudine altrui.

Trasferirsi in un appartamento senza muri e con un albero gigante richiedeva non solo molto amore, ma anche molta fiducia. Ma questa era la natura del suo rapporto con la Bella Figlia del Boia. Molto amore e molta fiducia, con qualche insensata litigata occasionale.

Non restava più niente da comprare. La fama era tutto perché i soldi tradizionali avevano fallito. La fama era tutto perché la fama era l’ultima moneta valida nel mondo.

«È semplice», disse lui. «I contenuti virali funzionano come la scrittura delle battute di spirito. Perciò, fondamentalmente, una battuta si basa su un contrasto di idee. La prima idea si dà per scontata, la seconda contrasta con la prima. Per esempio uno inizia dicendo: “Sono appena arrivato in volo da Pittsburgh”. E poi chiude con la frase spiritosa: “E sapessi che male alle braccia”. L’umorismo sta nella tensione tra l’idea che si dà per scontata, quella del volo in aereo, e la chiusa a effetto, che ricorda all’ascoltatore che esistono diversi modi di volare».

Un solsitro è una situazione difficile che non ha soluzione, ma che alla fine si dimostra irrilevante. Il pericolo dei solsitri è che, proprio come questo romanzo brutto, ti fanno perdere tempo.

Allegoria era una parola usata da scrittori e lettori presuntuosi per suggerire che i difetti di un romanzo di qualità superiore alla media erano, in realtà, pregi.

La gentrificazione era il fenomeno che si verificava in una città quando persone con un eccesso di capitale volevano che il loro capitale producesse più capitale senza dare nessun valore al lavoro.

Otto anni prima ciò sembrava impossibile. La maggior parte degli americani pensava che sarebbe morta senza vedere un presidente nero. Praticamente era una specie di modello di funzionamento del progresso americano: il cambiamento avveniva soltanto quando metà del paese impazziva abbastanza da dimenticare che faceva parte di un sistema di razzismo istituzionalizzato.

I leader di paesi come l’America, che governavano paesi che possedevano armi capaci di uccidere miliardi di persone, disapprovavano le armi di distruzione di massa.

La morale era questa: quando si tratta di eliminare contadini analfabeti, c’è un modo giusto di fare le cose.

Ai bei vecchi tempi, quando i bianchi volevano rubare una cultura, dovevano passare davvero, tipo, del tempo insieme ai neri. Ma nel 2013 le cose erano molto diverse. L’iPhone aveva cambiato tutto.

La maggior parte degli americani usava l’aggettivo ironico per descrivere qualcosa che non aveva niente a che fare con una situazione ironica. Quando erano ironici, o quando qualcosa era ironico, di solito intendevano dire che si trattava di una coincidenza. E a volte la coincidenza era sfortunata.

Christine capì quali erano i nomi dei nuovi dèi. Adesso sapeva a chi indirizzare le proprie preghiere.

Adeline non possedeva un televisore dal 1992. Per quindici anni aveva dovuto sorbirsi discorsi su come Internet avrebbe trasformato la cultura americana e aperto nuove possibilità di espressione. Alla fine, però, era solo altra gente che parlava di televisione.

Twitter, però, era soltanto il sintomo. La malattia era Internet.

Internet era una pessima ideologia creata da incoscienti.

Nella Silicon Valley tutti amavano Ray Kurzweil. Era il loro Sommo Sacerdote delle cazzate insopportabili. Era il Veggente della Pseudoscienza. Lavorava per Google. Era il direttore del reparto ingegneria.

Gli Zell-Ravenheart volevano creare approssimazioni viventi degli unicorni, che erano creature mitologiche come il servizio sanitario universale, l’eguaglianza retributiva tra uomini e donne e l’accettazione democratica delle opinioni dissenzienti.

L’identità di una persona non riguardava solo ciò che voleva, come viveva o le scelte che faceva. La vita non era fatta di autodeterminazione. La vita era un operaio cinese con un salario da schiavo ammanettato a una catena di montaggio che costruiva iPhone. La vita era un assegno da centotrenta dollari nel 1938. La vita era cercare di alleviare le ferite inflitte dagli altri, riparare ai danni fatti da sconosciuti e amici. E, grazie alle aziende che avevano sede a San Francisco, intorno a San Francisco e vicino a San Francisco, la possibilità di causare quei danni era infinita.

Tutti i lavoratori di basso livello dell’industria tecnologica sono così idioti che, mentre organizzavano pubbliche lamentazioni per la neutralità della rete, si sono dimenticati di formarsi politicamente! Non sanno che cosa gli stia succedendo! Non capiscono il percorso naturale del business! Non riescono a credere che tutte le società che creano una classe media poi la smantellino sistematicamente!

La valutazione in un tweet:

Caustico, brillante e geniale. Un punto di vista diverso, una letura altamente consigliata - Recensione #libro Io odio internet (Jarett Kobek) Condividi il Tweet

I dati del libro:

Titolo: Io odio internet
Autore: Jarett Kobek
Editore: Fazi Editore
Numero di pagine: 294
Anno di pubblicazione:
Traduttrice: Enrica Budetta
Genere: romanzo

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