Recensione in un tweet: In corsa con Hillary. Dieci anni, due campagne elettorali e il soffitto di cristallo ancora intatto (A.Chozick)
Descrizione:
Dopo aver raccontato la disastrosa campagna elettorale del 2008, la pluripremiata giornalista del New York Times Amy Chozick ha continuato a seguire le vicissitudini di Hillary Clinton in un lungo viaggio di quasi dieci anni, durante il quale la sua formazione – sia personale che professionale – si è intrecciata con le ambizioni presidenziali della Clinton. Mentre l’aspirante prima donna presidente cercava per ben due volte, senza riuscirci, “di mandare in frantumi quell’altissimo e durissimo soffitto di cristallo”, la reporter cercava di scalare l’Olimpo del giornalismo americano. La franchezza e l’umorismo dei suoi racconti – dai reportage dall’autobus di Hillary e dal quartier generale di Brooklyn, fino ai resoconti degli scontri con Donald J. Trump – rivelano particolari inediti, divertenti e intriganti sulla campagna presidenziale. Quella che l’autrice ci racconta dal suo posto in prima fila è la storia vera, ricca di dettagli che il più delle volte sorprendono e illuminano. Ma “In corsa con Hillary” è anche la storia spiritosa, irriverente e onesta dell’influenza che Hillary Clinton ha avuto sulla vita di Amy Chozick: mentre si ingegna per conciliare il tentativo di infiltrarsi nei ranghi più alti del giornalismo politico con la ricerca di un modo per congelare i propri ovuli così da poter avere figli dopo la campagna del 2016, la giornalista analizza le decisioni che la Clinton ha preso in momenti analoghi della sua vita. E arriva a comprendere cosa l’abbia spinta, come abbia realizzato ciò che nessuna donna aveva mai fatto prima e perché alla fine abbia fallito. Ripercorrendo gli alti e bassi delle elezioni presidenziali più scorrette e violente della storia americana, Amy Chozick rivela come la sconfitta di Hillary abbia segnato la sua vita professionale, e l’abbia costretta a mettere in discussione tutto ciò per cui aveva lavorato tanto.
Le citazioni:
Eh, rimpianti. Avrebbe dovuto, potuto, voluto. Non l’ha fatto.
L’analogia storica più calzante è quella con Edward M. Kennedy, un favorito prima delle elezioni 1980, ridotto in stato confusionale quando Roger Mudd di CBS News gli aveva chiesto: «Perché vuole essere presidente?».
Trump capiva la nostra attenzione, vorace ma di breve durata, meglio di chiunque altro, ma soprattutto meglio di Hillary, la cui strategia mediatica si riassumeva in lei che ignorava noi.
Giuro. Reporter che rifiutavano del cibo. Ecco quanto andava male.
Viaggiare con la carovana elettorale significava sapere molto meno di quanto avveniva nella campagna che se fossi stata a New York, a fare telefonate o incontrare le mie fonti di Brooklyn.
Hillary si sbagliava così di rado che qualunque gaffe, se lasciata aleggiare nell’aria, poteva restare in giro per mesi, anni, che cavolo, per la sua intera carriera! (vedere biscotti, tè). Ma la pressione a essere perfetta assunse tutto un altro significato quando si cominciò a intuire che probabilmente alla fine avrebbe corso contro Trump.
Quando Rubio si ritirò, finalmente la realtà fece presa. Bill vide la scaltrezza del populismo economico di Trump e si rese conto che era il candidato perfetto per quelle che lui definiva le “elezioni Instagram”, un’era in cui l’elettorato voleva solo soluzioni-bocconcino. “Costruiamo un muro!” “Teniamo fuori i musulmani!” “Facciamo pagare la Cina!” Hillary non forniva bocconcini. «Viviamo nel mondo di Snapchat e Twitter» si sarebbe sfogato in seguito Bill con una platea del North Carolina. «È molto più facile limitarsi a screditare la gente e insultarla.»
Nel gergo del Times, lo “spezzatino” è un’infilata di fotografie con didascalie brillanti e scattanti, notizie confezionate su misura perché i millennial possano scorrerle sugli iPhone.
Il rubricista del Times David Leonhardt lo disse meglio quando scrisse: “La sovraesposizione delle email hackerate è stato il peggior errore dei media nel 2016. Errore destinato a ripetersi, se non lo si capisce fino in fondo”.
In Africa orientale, mi ero annotata il saluto Zulu che Bill usava ovunque, sawubona, vale a dire «io ti vedo», a cui i locali rispondevano con ngikhona, «sono qui». Ecco, secondo lui con i sostenitori di Trump era lo stesso. «Un mucchio di gente ha l’impressione di non essere vista, che nessuno la capisca» diceva.
Competenza, preparazione, linee programmatiche. Termini da élite. Saltò fuori che un sacco di gente voleva solo far saltare tutto.
La valutazione in un tweet:
Prospettiva privilegiata di una pagina di storia. Per amanti delle vicende americane. - Recensione #libro In corsa con Hillary. Dieci anni, due campagne elettorali e il soffitto di cristallo ancora intatto (A.Chozick) Condividi il TweetI dati del libro:
Titolo: In corsa con Hillary. Dieci anni, due campagne elettorali e il soffitto di cristallo ancora intatto
Autrice: Amy Chozick
Editore: HarperCollins
Numero di pagine: 480
Anno di pubblicazione: 2018
Traduttrice: C.Ingiardi
Genere: saggio