“Sì, Virginia, Babbo Natale esiste”, ossia una riflessione tra giornali, storytelling e fake news

“Sì, Virginia, Babbo Natale esiste”, ossia una riflessione tra giornali, storytelling e fake news

Tra poco sarà Natale e da buona tradizione su tutti i giornali ricomparirà la storia della piccola Virginia. Tenerezza e garbo si mescoleranno al clima festivo per poi scomparire rapidamente fino al prossimo anno.

Siamo nel 1897 e la piccola prende carta e penna e scrive al The Sun, un giornale molto diffuso all’epoca edito a New York.

Caro direttore, ho otto anni. Alcuni dei miei piccoli amici dicono che Babbo Natale non esiste. Papà mi ha detto: se lo scrive il Sun, è così. Per favore, mi dica la verità: Babbo Natale esiste?

Virginia O’Hanlon

115 West Ninety Fifth Street

Come rispondere? L’arduo compito ricadde su Francis Pharcellus Church che vergò uno degli editoriali più famosi al mondo, di cui vi riporto l’incipit nella traduzione del Post.it.

Virginia, i tuoi amici si sbagliano. Sono stati contagiati dallo scetticismo tipico di questa era piena di scettici. Non credono a nulla se non a quello che vedono. Credono che niente possa esistere se non è comprensibile alle loro piccole menti. Tutte le menti, Virginia, sia degli uomini che dei bambini, sono piccole. In questo nostro grande universo, l’uomo ha l’intelletto di un semplice insetto, di una formica, se lo paragoniamo al mondo senza confini che lo circonda e se lo misuriamo dall’intelligenza che dimostra nel cercare di afferrare la verità e la conoscenza.

Sì, Virginia, Babbo Natale esiste.

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La storia è bellissima, e, come si dice al giorno d’oggi, un capolavoro di storytelling, tanto che ricompare da più di un secolo con le prime note di Jingle Bells. I giornali, infatti, non perdono l’occasione per sbandierare al mondo come un animo candido li abbia riconosciti come i depositari della verità. Non che scrivano solo fandonie, anzi, ma è meglio stendere un velo pietoso su cosa si trova di fianco ad articoli ben documentati sull’odierna carta stampata, nei telegiornali e sui siti web di rinomate testate giornalistiche .

Ma è esistita l’epoca di un giornalismo puro, dedito unicamente alla pubblicazione della verità. Se lo scriveva il Sun, era realmente vero?

Attenzione, non stiamo parlando di un giornaletto qualsiasi. Nato nel 1833 a New York, fu il primo quotidiano economico della storia. Al grido di It shines for all (“splende per tutti”) era venduto dagli strilloni per strada, una novità rispetto all’usuale abbonamento. Con un penny, raggiunse una platea vasta e meno elitaria, introducendo per primo articoli di cronaca locale e servizi sensazionalistici. Pubblicato fino al 1950, conquistò un Pulitzer con un’indagine giornalistica sulla criminalità che venne usata come base per il film Fronte del porto.

A un suo redattore, John Bogart, si deve una delle citazioni più note sul giornalismo:

«Quando un cane morde un uomo non fa notizia, perché capita spesso. Ma se un uomo morde un cane, quella è una notizia».

Siamo nel 1882, al Pulitzer mancano ancora due conflitti mondiali, la guerra civile è ancora una ferita aperta ma è chiaro che l’obiettivo è la pubblicazione di una notizia più che la certificazione dei fatti accaduti. La cosa non ci deve stupire. D’altronde, la fama del Sun è legata a una delle fake news più famose della storia.

Ne avevo accennato velocemente nel racconto “Edison, il mago di Menlo Park”:

«Impara, mangiapane a tradimento. Così si fa! Fatti, fatti, fatti. Il nostro pubblico è affamato di fatti. Non per niente Virginia ha scritto a noi per sapere se Babbo Natale esiste.»

Ecco, lo sapevo. Di nuovo la storia della ragazzina diffidente. Mi trattengo a stento dal ribattere che il suo giornale, venduto per un penny dagli strilloni, è famoso anche per aver annunciato l’esistenza della vita sulla Luna.

OUTOFLAB bannerIl 25 agosto 1835 le strade si riempirono di meraviglia alla pubblicazione delle stupefacenti scoperte dell’astronomo John Herschel fatte grazie a un nuovo e gigantesco telescopio costruito presso il Capo di Buona Speranza. I sei resoconti del Dr. Andrew Grant, tratti dall’Edinburgh Journal of Science, vennero pubblicati uno dopo l’altro. In un crescendo di stupore, si dava atto della scoperta di foreste enormi, unicorni azzurri, spiagge di sabbia bianca, uccelli acquatici. Un paradiso completato da un misterioso tempio d’oro popolato da creature alate color rame, gli uomini pipistrello. I lettori fecero la fila per acquistare il giornale, gli articoli vennero tradotti e pubblicati all’estero e le scoperte comparvero sui bollettini delle principali accademie scientifiche d’Europa.

Litografia della grande bufala della Luna (Great Moon Hoax) – The Sun, 28 agosto 1835

Peccato però che l’assistente e pupillo dell’illustre astronomo, il Dott. Andrew Grant, come gli unicorni o le altre creature alate, non sia mai esistito.

Gli altri giornali non videro di buon occhio che le vendite del Sun fossero quintuplicate e ci misero poco a scoprire la truffa. Edgar Allan Poe accusò il giornale di aver utilizzato un suo racconto come base della storia. John Herschel, raggiunto mesi dopo in Sudafrica, lesse il finto reportage e prese l’intera faccenda sul ridere. Il buon umore durerà poco e si troverà “appestato a vita” dalla storia, come ebbe modo di scrivere pochi anni dopo.

Non ci fu alcuna ritrattazione o chiarimento da parte del Sun. Nel 1840, Richard Adams Locke ammise di essere l’autore degli articoli in una lettera al periodico New World. A quanto pare, era “solo” il tentativo di inventare una storia che da un lato permettesse di aumentare le vendite e dall’altro mettesse in ridicolo alcune stravaganti teorie astronomiche dell’epoca. Nel 1859, Locke raccolse gli articoli in un libro intitolato The Moon Hoax.

Il Sun non ebbe contraccolpi dalla figuraccia, anzi, le tirature rimasero stabili agli stessi livelli anche negli anni successivi. Un esempio da manuale di marketing virale.

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Di sicuro non è esistito un tempo in cui i giornali vivevano solo per raccontare la verità.

Ce lo ricorda anche Orson Wells in Quarto Potere:

«Lei si preoccupa di quello che pensa la gente? Su questo argomento posso illuminarla, io sono un’autorità su come far pensare la gente. Ci sono i giornali per esempio, sono proprietario di molti giornali da New York a San Francisco.», proclama Charles Kane, il personaggio ispirato a William Randolph Hearst, creatore di uno dei più grandi imperi mediatici di sempre.

Accogliamo allora, come tutti gli anni, la letterina di Virginia per quello che è, una bella storia di Natale, ricordandoci di tenere acceso il nostro spirito critico e di conservare un sano scetticismo.

thinking photo
Photo by Sidereal

P.S: Un augurio particolare a chi lavora nei media e che lotta ogni giorno per raccontare la verità, anche a costo della propria vita. E un enorme grazie a Paolo Attivissimo e a tutti i debunker per l’enorme lavoro che svolgono.

Cara Virginia, eccoti alcune “verità” dai giornali (e media) odierni:

 

 

2 Replies to ““Sì, Virginia, Babbo Natale esiste”, ossia una riflessione tra giornali, storytelling e fake news”

  1. Il potere, non sazio di pervadere ogni aspetto della nostra vita, vorrebbe regolamentare la menzogna e perfino la fantasia per impadronirsene, rafforzando un totalitarismo strisciante e renderci schiavi felici.

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