La sintesi di José Pepe Mujica

La sintesi di José Pepe Mujica

Per molti, José Mujica è (solo) quel presidente dell’Uruguay diventato famoso perché donava il novanta per cento del suo stipendio alle persone bisognose, girava su una vecchia Volkswagen Maggiolino e viveva in una piccola fattoria rinunciando ai benefici e agli agi della presidenza. Una macchietta, insomma.

Mujica MaggiolinoEppure, basta scorrere la sua vita e leggere qualche intervista per scoprire una figura a più dimensioni, e molto interessante.

Prima di tutto, non è il classico politico, accomodante per definizione e alla ricerca del consenso tramite slogan popolari. Inoltre, la sua azione non sembra guidata dalla sapiente arte del compromesso. Il linguaggio di cui si avvale è schietto, semplice ma deciso.

“Appartengo a una generazione che ha voluto cambiare il mondo, ma che ha commesso il terribile errore di non volere cambiare prima se stessa”.

Si rimane sbalorditi guardando quanto accaduto in Uruguay sotto la sua guida. Il primo traguardo è la depenalizzazione dell’aborto. Segue il riconoscimento del matrimonio gay, che acquisisce pari diritti rispetto alle altre forme. Una decisione di per sé piccola, ma che in un colpo solo spazza via mille tentennamenti (proprio come nell’arena italiana, vero?). In Uruguay, tutti i coniugi possono adottare figli e ricorrere alla fecondazione artificiale. Terza ma non ultima, arriva la legalizzazione delle droghe leggere. Una legge, che lo stesso Mujica ha definito sperimentale, autorizza la coltivazione della marijuana per uso personale (con un limite di sei piantine a testa).

«La tossicodipendenza è una malattia, guai a confonderla col narcotraffico.»

Un’opera sempre molto attenta all’uomo della strada (e chi lo disprezza ricorre spesso al termine “populista”). Eppure, a me piace un politico che non si ferma al proclama vuoto e fine a se stesso. Quando, nell’inverno 2011, cinque senzatetto morirono di freddo, Mujica stabilì che la residenza presidenziale e altri edifici pubblici venissero impiegati come rifugi.

“Essere anziano è un vantaggio, perché da giovane uno può montarsi la testa con tutti questi elogi. Però non sono né un filosofo né un intellettuale. Lo sono stato fino ai 25 anni. Fino a quell’età leggevo di tutto, dalla guida telefonica a Seneca.”

José Mujica è nato il 20 maggio 1935 a Montevideo. La madre era originaria della Liguria, il padre aveva antenati baschi. Una famiglia impegnata in politica, tanto che anche Pepe (come viene chiamato dagli amici) si appassiona, diventando segretario generale del settore giovanile del Partito Nazionale. Nel 1962, si sposta nell’Unione Popolare. Successivamente aderisce al neonato movimento di liberazione nazionale Tupamaros. Viene ferito sei volte e arrestato in più occasioni.

Mujica ai tempi della guerriglia armata
Mujica ai tempi della guerriglia armata

Dopo il colpo di stato militare del 1973 viene trasferito in un carcere militare, dove passa dodici anni in completo isolamento in un pozzo sotterraneo. È uno dei nove dirigenti tupamaros che la dittatura chiama rehenes (ostaggi), ossia persone che verranno fucilate all’istante in caso di azioni militari dei tupamaros in libertà. A causa dell’isolamento accusa gravi problemi di salute, arrivando ad avere allucinazioni uditive e paranoia.

Nel 1985, allorché viene ristabilita la democrazia costituzionale, beneficia dell’amnistia che condona gli atti dal 1962 in poi. Ritorna quindi all’azione politica all’interno del movimento di partecipazione popolare (MPP). Deputato nel 1994, senatore nel 1999, nel 2005 diventa ministro dell’Allevamento, carica da cui si dimette nel 2008 per candidarsi alle presidenziali, che vincerà il 30 novembre 2009.

I giornalisti si interessano a questo personaggio fuori dal tempo e gli chiedono un’intervista. Lui si presenta senza alcuna scorta al bar de Vida nel popolare barrio Belvedere, tranquillo come un pensionato a passeggio.

Pepe Mujica

È interessante la risposta del suo compagno di prigionia, Mauricio Rosencof, quando gli chiedono un parere su Mujica e Huidobro (un altro rehén divenuto ministro della Difesa):

«Chissà, forse non è vero niente. Sto semplicemente vivendo dentro a una di quelle allucinazioni che mi afferravano in carcere, chiuso in quel pozzo chiamato calabozo!».

Proprio Rosencof racconta come Mujica in prigione pensasse a come migliorare il suo Paese, a quale riso sarebbe stato meglio seminare, quali animali allevare.

Lo stesso Pepe racconta della prigionia e di come quell’esperienza l’ha cambiato:

«In prigione ho pensato che le cose hanno un inizio e una fine. Ciò che ha un inizio e una fine è semplicemente la vita. Il resto è solo di passaggio. La vita è questo, un minuto e se ne va. Abbiamo a disposizione l’eternità per non essere e solo un minuto per essere. Per questo, ciò che più mi offende oggi è la poca importanza che diamo al fatto di essere vivi».

Una reliquia del passato? Mah, forse è il resto del mondo, e in particolare l’Europa, a essere fuori sincrono.

«Mi stupisce che un militante sociale di un piccolo Paese sudamericano susciti tanta attenzione in Occidente. Il movimento sindacale, le idee socialiste, anarchiche e comuniste, ancor più tutte le idee di progresso, hanno le loro radici in Europa. È nel vostro continente che sono nati i primi grandi movimenti popolari, i principali propositi di cambiamento sociale. […]

Perché diventa un personaggio interessante uno come me, che non è altro che un vecchio militante, che ha commesso molti errori e patito molte sconfitte, al di là di quello che è sempre stato l’obiettivo principale: conquistare una vita migliore per i suoi compatrioti? Perché suscita tanta attenzione il fatto che qualcuno difenda la politica come una passione superiore e pretenda che i governanti diano ai loro popoli un esempio di vita sobria e vicina a quella della maggioranza? […]

In realtà credo che tutto questo susciti attenzione non tanto per il merito di chi propone questi temi, quanto per l’assenza di altre idee, di altre proposte e di altri esempi. Già da molti anni, ormai, noi che cerchiamo ispirazione per la nostra azione sociale e politica, che vorremmo nutrirci dell’esperienza di coloro che sono già passati per i nostri drammi, non troviamo in Europa quel che sempre vi avevamo trovato in passato.»

Una sintesi perfetta, direi.

Il presidente impossibile - Pepe Mujica

Fonti (citazioni e foto):

 

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